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L’Italia del 26 aprile Con le parole di Piero Calamandrea

26.05.2024 di Enrico Giuliano

 

"I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. 
Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. 
Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». 
Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell'adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all'improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!». 
Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza''.

Piero Calamandrei
(Firenze, 21 aprile 1889 – Firenze, 27 settembre 1956) è stato un politico, giurista e avvocato italiano, nonché uno dei fondatori del Partito d'Azione.
Insieme a Dino Vannucci, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Nello Rosselli, fondatore  di Italia libera, un gruppo clandestino di ispirazione repubblicana e antifascista. Dopo il delitto Matteotti entrò a far parte del movimento Unione Nazionale, un partito liberale e antifascista fondato da Giovanni Amendola, entrando nel consiglio direttivo. 

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 Nel 1925 sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochissimi professori e avvocati a non chiedere la tessera del Partito Nazionale Fascista e collaborò con la testata Non Mollare. Nel 1931, per mantenere la cattedra universitaria, giurò fedeltà al regime fascista. Calamandrei firmò perché considerava l'insegnamento "il suo posto di combattimento", ma quella sottomissione gli costerà "l'animo straziato".
Contrario all'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale a fianco della Germania, nel 1941 aderì al movimento Giustizia e Libertà e un anno dopo fu tra i fondatori del Partito d'Azione insieme a Ferruccio Parri, Ugo La Malfa e altri.
Nel giugno 1946 venne eletto all'Assemblea Costituente per il Partito d'Azione. Partecipò attivamente ai lavori parlamentari come componente della Giunta delle elezioni, della commissione d'inchiesta e della Commissione per la Costituzione (detta "dei 75"). I suoi interventi nei dibattiti dell'Assemblea ebbero larga risonanza: specialmente i suoi discorsi sul piano generale della Costituzione, sui Patti lateranensi, sulla indissolubilità del matrimonio, sul potere giudiziario.
Quando il Partito d'Azione si sciolse, entrò a far parte dell'Unione dei Socialisti, nelle cui liste (che si presentarono insieme a quelle del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani) fu eletto nel 1948 deputato alla Camera. Nel 1949 l'Unione dei Socialisti confluì nel Partito Socialista Unitario, il quale nel 1951 si fuse con il PSLI dando vita al Partito Socialista Democratico Italiano. Definito da The Economist come the most impressive private member in the House)

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